NEI SUK DELLA STORIA
di Maria Gloria Grifoni
NELLA CASA DELLE RELIGIONI
Ho pennellato di rosso la corsia della metropolitana. La terra di Abramo cambierà colore bene e libertà si esporteranno. Nella casa delle religioni donne veggenti nutriranno con mammelle cariche la redenzione.
Nel paradiso non c’erano scene solo acrobati. Balbuzie fecero abuso. Narrati come scommesse di chiuse di ricordi lacerati edifici evaporano fucili. In una agenzia di viaggio la moschea del loro canto.
Il mercurio discende le labbra del giorno e le febbri prendono forma. Città e baracche respirano affollate sottane raccontano. Eppure esistere è ancora proibito.
Ripeteremo i passi nel tetto delle lettere dell’aramaico. Suoneremo nelle corde sottili delle dita le ultime orme. Raccolsero l’acqua la versarono sul capo pronunciando verso l’alto la sua solitudine la sua elezione. La morte non è inesorabile per tutti: per qualcuno è tentazione.
Lente lamine attraversano strade ponti, genti. Una figura vetrata si consuma bocche dilatate sghignazzano urlano piangono. L’assenza è ancora l’involucro di un nome. Qual ‘ è la filosofia della generazione?
L’icona dell’angoscia si consuma dov’è il Padre? Le nostre mani scolpiranno ancora l’involucro di un nome.
Figli di cani figli di un dio assente caddero con le narici incorniciate come pietraie battezzarono l’uomo dalle ciglia scarlatte. Nella legge posero la voce la croce il canto. Nella corsia umana: immagini a turno.
Appollaiata nel centro della seduzione mutilata guarda le anche processate dalla fame erede della spirale di un seme. Nella sala degli innocenti aggiunse la saga di un segno.
Ombre senza storia avvolgono esseri cavi. Madri accolgono sabbie sommerse. Sotto l’arco della storia particelle in rosso.
Fu eretta perché si potesse dire che le viscere non hanno ventri materni. Le suole percorsero le date della terra si congiunsero con le mani e uccelli senza volo misero sulla lavagna il gesso della storia. Aveva dodici anni… ebbe il lutto di un centro.
Condannati a percorrere il teatro delle orme parlavano senza mostrare emozione, questi erano i figli non solo di Gerusalemme. Rotaie sibili bestemmie. Il sordido rumore della città oggi come ieri. Il popolo passa da un giorno all’altro. Questa è la lebbra di un infinito vuoto.
Nella corsia della metropolitana l’uomo con la testa a specchi nega alla razza: l’anomalia del riso.
Vedo le sagome dilatarsi gli occhi cicatrizzarsi non abbiamo più il diritto di guardare. La fede nei passi del giorno è una abitudine stanca. Lucide rotaie percorrono il peccato che è ovunque mescolato alla preghiera.
Ci domandiamo chi è più nomade colui che vaga nello spazio o colui che migra nel tempo? La terra è nuda l’uomo non può essere altro che uomo.
Gli antichi graffiti affiorano insieme a licheni e muschi. Sono i primi disegni che l’uomo ha inciso e lasciato. Il tempo sembrava già deposto commentato sembrava contenere l’appartenenza. Non sapevo che la parola tradimento fosse destinata a un più alto termine.
LA DITTATURA DELL’ESILIO
Spogliatevi ripiegate i vestiti ricordi e scarpe ridete per l’ultima volta ascoltate un’altra lingua altre notti e… nel sibilo metallico di una cava sentiremo: il battito delle ali.
Battono ancora le ali ossuto fanciullo ossuta fanciulla assunti nell’essere soli.
Oltrepassavano corpi fatti di bruciate uguaglianze marcavano l’ora gente di terra fatta di gente. Bussano e uccidono non più gesti ma oblique misure.
Usurati colli sporgono promuovono: cronache infette. Il popolo urla addita bocche nutrono levigate ragnatele.
Esseri emigrano con alte stuoie. Angoli retti indicano letti notturni. Suoni indagano icone pagane.
Il dio delle assenze nella pressa delle religioni enuncia: l’anno delle masturbazioni.
Hanno piagato i corpi la comunicazione nutrito… la pia voglia di donna.
C’ero anch’io nei cessi che odoravano di storia dove l’umano infranse il gioco e Genet lesse: la prima trasgressione.
La fotografia ha corteggiato la morte brandelli umani torcevano scritte. E tu… strappata prosciugata come alga umana riesumata nel biglietto delle condoglianze.
Appartamento ottavo piano! Nome? Cresciuto nell’esequie in una via del centro. Disse: egoista ! Andavano quatti avanti indietro spulciavano guardavano. L’autoambulanza marcava quella fottuta storia.
Quella signora della scala accanto disse: “chiudi la porta “ quella puttana!
Io ero sola inagurata nella rassomiglianza in quel parto di memoria: Anni cerchiati di bitume tenuti incollati crivellati per l’occasione. Una cattedrale di stronzate sfilate nella Milano bene. E tu …Emi! Eri incollata nel selciato definita dai cerchi di una ruota di giornale.
Lasciate il vostro nome! presente! presente! presente! C’ero anch’io in un giorno qualsiasi in una città dove sfollati opportunisti cittadini in canna si facevano senza saperlo cronaca di un giorno qualsiasi.
Eri lì… incollata in quella macchia di un ottavo piano come scaglia senza giorno senza Dio nell’isterico chiedersi dei vivi: il congedo dal diritto umano.
Il paesaggio urbano non è fatto di carne! Alzatevi vomitate le vostre moltitudini il popolo dai musi rotti ha voce solenne.
Si incamminano, l’incesto è l’evento. Nel triangolo a più piedi ci sarà trasmutazione. Esseri scelti attraverseranno le pagine della storia si celebrerà la vastità del peccato. Uomini: ne occulteranno il disegno.
Donne nutriranno: l’imitazione.
Come topi da marciapiede rodiamo stinchi parole assumono tende beduine. Nella scacchiera: musica Rap e succhia culo. La flagellazione ha colletti bianchi esseri cavi rantolano crani cicatrizzano: scritte mediche.
Rosari in litanie vecchie beghine squittiscono le loro mani fremono sotto le sottane. Cieli in ETERNIT ! Nella scala delle meditazioni Budda e il signore in euro attendono: negozi a luci rosse. In chiuse di ricordi santini in auge e soldatini di piombo. La loro guerra ha il nome di Pilato e Giuda non ebbe un fico solo masturbazione.
Vorrei dipingere la città del muro delle differenze infilarvi la sciarpa della libertà. Colpo dopo colpo nella piazza del popolo promettere un mondo libero.
Dovranno ampliare le tombe. Ho cercato Abramo ma nessuno ha saputo indicarmelo. Fu lui che amò la terra rubò all’uomo la dittatura dell’esilio. Se vuoi percorrere la pelle delle deviazioni ti racconterò in ordine alfabetico un credo fatto di sopraffazioni.
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